Il Filo – notizie dal Mugello » RIFLESSIONI SUL VANGELO DELLA DOMENICA – Le Beatitudini, scomode, ma annuncio di salvezza

2022-10-14 22:28:59 By : Ms. Candice Ma

VICCHIO – Ai sacerdoti del Vicariato del Mugello, che da alcuni mesi, a turno, propongono una riflessione tratta dalle letture della Messa domenicale, ora si aggiungono anche i diaconi. Ed ecco qui i pensieri sulle Beatitudini, pagina del Vangelo proposta oggi, offerti da Luca Gentili, diacono nella parrocchia di Vicchio. 

Sarà che amiamo il Cristo non tanto o non solo perché ha fatto tante cose buone ma perché ci salva dalla morte? Almeno si spera. Oppure non è solo questo “interesse escatologico” a mantenerci alla sequela? No, il Vangelo è molto di più per noi: è speranza nella resurrezione ma anche fraternità, misericordia, senso, appartenenza a un popolo di salvati.

Però le beatitudini, specie quelle del Vangelo di Luca, non rimangono mai facili da digerire per noi discepoli. Sarà forse perché Gesù in quell’occasione non si rivolge a farisei ipocriti o a qualche giudeo riluttante a comprendere l’universalità del ministero messianico o a un apostolo che ha bisogno di essere esortato all’avere fede in Lui. Sono parole semplici, dirette, che colpiscono al cuore la nostra identità. In effetti per la maggior parte di noi non è semplice decidere quale degli interlocutori siamo: i ricchi o i poveri? Certo, almeno per questa volta vorremmo essere fra i poveri, ma lo siamo realmente? Allora s’insinua nella nostra mente la tentazione di “stiracchiare” un po’ il senso di quelle frasi perché il nostro status o la nostra condotta di vita ci si possano accomodare dentro. Invece no, queste parole ci si ripresentano sempre con la stessa forza, con lo stesso significato rivoluzionario. Scomode.

Come si fa a rispondere oggi? Di questi tempi in cui abbiamo accesso a una quantità di beni materiali (e immateriali) neppure immaginabili all’epoca, come facciamo a definirci poveri? I poveri sono i migranti su barconi caracollanti sul mar Mediterraneo, i malati, o le persone in fila alla Caritas per un pacco di cibo, o quelli che hanno perso il lavoro e hanno bambini a cui pensare, non noi.

Sono quelli che nel Vangelo, partiti da tutta la Giudea o dal litorale di Tiro e Sidone, hanno percorso decine e decine di chilometri in giorni di cammino per arrivare su quel luogo pianeggiante, anche solo per toccare quel Cristo che li ha guariti, liberati, riempito i loro occhi con la meraviglia della sua forza. E’ per loro l’annuncio della pienezza, del ristoro della loro fame, della gioia. E’ a loro che Gesù ha trasmesso per contatto la grazia, a quelli che si sono messi in gioco e in cammino per toccare la carne che salva. Quante volte ci hanno detto che i poveri sono la carne di Cristo: sono la carne salvata, la carne redenta; eppure il mondo li marchia come infami, come scarti. Ecco la quarta beatitudine: chi lascia la mondanità per la Verità sarà trattato come furono trattati i profeti. Anche per chi lascia la logica del mondo per il Vangelo – e a causa di questo odiato come un infame – ci sarà la pienezza della vita.

Per i ricchi rimane il lamento, il “guai” dolorosamente pronunciato su chi trova nella pienezza di sé e del proprio successo la sua consolazione. Per chi ha il cuore altrove e non su quella piana, non in mezzo a fratelli come lui ma attento a competitori che possano danneggiarlo. Certa consolazione è futile, certi compiacimenti rischiano di diventare idoli se piano piano diventano il centro della nostra vita: magari ce ne vergogneremmo pure se non ne venisse in soccorso una buona dose di cinismo camuffato da realismo. Per questi i profeti sono rompiscatole, non annunciatori della buona notizia.

Chi siamo noi, dunque? I ricchi o i poveri? Quelli che si mettono in marcia per un lungo cammino per incontrare la salvezza o quelli che l’aspettano come si aspetta la prossima puntata di un reality pieno di buoni sentimenti, al caldo della coperta della mondanità?

Così anche per noi quelle beatitudini possono essere annuncio di salvezza. Per quelle sorelle e fratelli che da tanti beni si accorgono di essere asserviti e non serviti, per quelli per cui manca il tempo da passare con i figli, per quelli che l’impegno sul lavoro non basta mai, per le madri che hanno paura di non farcela più, per quelli che sentono che la serenità ce la vogliono vendere dopo aver tentato pervicacemente di privarcene, per quelli che vogliono deporre le armi della diffidenza per potersi finalmente fidare del prossimo.

Per quelli la carne del Cristo è forza che si può toccare e che salva, che dona la gioia, vita per cui vale la pena, qualsiasi pena. Anche oggi, anche per noi.

© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 13 febbraio 2022

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